Corte di Cassazione, ordinanza n. 25495 del 17/09/2025

La Suprema Corte, con una decisione “storica”, ha parificato la fine dell’unione civile a quella di un matrimonio, aprendo così la strada al diritto all’assegno mensile a favore dell’ex partner.
Nel caso specifico trattato, la Corte ha accolto il ricorso di una donna che, avendo sacrificato la propria carriera per sostenere e favorire quella della ex compagna, si era rivolta al Tribunale per ottenere un mantenimento mensile fondato, tra l’altro, sullo squilibrio economico tra le parti, diretta conseguenza di quel sacrificio.
I criteri da applicare, per gli Ermellini, sarebbero gli stessi previsti dall’articolo 5, comma 6, della legge sul divorzio del 1970: occorre, quindi, verificare l’inadeguatezza dei mezzi di sussistenza del richiedente, l’impossibilità di procurarseli nonostante un impegno diligente e l’eventuale squilibrio economico determinato dai sacrifici compiuti per la vita comune.
Anche l’unione civile – osserva la Corte – quale “specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione”, benchè rappresenti un istituto diverso dall’archetipo del matrimonio e del parqadigma della famiglia come società naturale che su di esso si fonda, è espressione di una comunità di affetti nel disegno pluralistico dei modelli familiari che si registra a seguito del’evoluzione sociale e dei costumi.